GIORGIO ALDRIGHETTI, L’araldica e il leone di San Marco. Le insegne della provincia di Venezia, Marsilio, Venezia 2002, pp. 190.

Un leone d’oro, alato, campeggia sul nuovo gonfalone e sulla nuova bandiera della Provincia. Gli emblemi, che hanno ottenuto la doverosa approvazione con decreto del Presidente della Repubblica, sono il frutto di una attenta ed aggiornata ricerca. Abbiamo fatto ricorso ad una scienza antica, ad una dottrina ausiliaria della storia: l’araldica. Nelle pagine di questo volume, il lettore potrà trovare un’infinità di informazioni sulla simbologia e sulla storia del leone marciano, con particolare riferimento alle insegne della Provincia di Venezia. Guidato dal testo e da un eccezionale corredo di immagini, avrà modo di capire come gli stemmi che ci osservano, testimoni muti ereditati dal passato, siano ricchi di significati.Bene si esprime nella presentazione Luigino Busatto, presidente della Provincia di Venezia: “Un simbolo. Un’immagine in grado di rappresentare l’intera comunità che abita il territorio veneziano. Da Chioggia a San Michele al Tagliàmento. Il nuovo stemma della Provincia di Venezia doveva riuscire in questo intento. Così si spiega la scelta del leone di San Marco. Una figura che richiama la venezianità, superando i confini della città lagunare per espanderci in ogni luogo dove la storia è stata segnata, anche se per un breve periodo, da un legame con la grande potenza, la repubblica Serenissima. Quanti leoni si trovano nel nostro territorio a testimonianza di questa appartenenza? Molti. Sono immagini scolpite nella pietra oppure dipinte sulle facciate di palazzi e sulle tele di qualche opera pittorica. Alcune anche di un certo valore storico e artistico.

Sono lieto di poter presentare il nuovo stemma, il gonfalone e la bandiera della Provincia di Venezia durante il mio mandato. L’Ente può ora fregiarsi di un simbolo immediatamente riconoscibile, attorno al quale rinsaldare l’identità di una comunità civile che riscopre le proprie radici per guardare con speranza al futuro.

Voglio esprimere il mio compiacimento all’autore del volume. Giorgio Aldrighetti – che ovviamente ha curato anche l’intera istruttoria per il riconoscimento degli emblemi della Provincia – ha dato prova di saper rendere accessibile a tutti una scienza, l’araldica, che a torto, nel nostro Paese, viene considerata una vanità dell’orgoglio umano. Con dovizia di particolari egli ci appassiona e ci incuriosisce. E ci consapevolezza sull’importanza di riconoscersi in uno stemma che è qualcosa di più di una semplice convenzione. Un ringraziamento va anche a Sandro Nordio che ha curato con grande perfezione, com’è nel suo stile, i bozzetti dello stemma, del gonfalone e della bandiera.

La Provincia in tempi recenti ha acquisito nuove competenze amministrative in materie importanti come il lavoro, il turismo, l’istruzione, l’ambiente… Funzioni che hanno ulteriormente rafforzato il legame tra i cittadini e questo Ente. Voglio sperare che anche il nuovo stemma, caricato nel gonfalone e nella bandiera, diventi un elemento aggregante; capace di far riscoprire l’orgoglio di appartenere alla comunità veneziana”.

L’introduzione si appunta sul significato attuale dell’araldica: “Passeggiando in una qualsiasi delle città e contrade della nostra provincia di Venezia, come, d’altro canto, in qualsiasi altro territorio, gli stemmi ci osservano, testimoni muti ma pregni di valori, di simboli e di significati. L’autobus che ci passa dinanzi porta lo stemma della città, le auto dei corpi di polizia municipale e provinciale espongono i rispettivi stemmi civici o provinciali, parimenti le chiese alzano l’emblema araldico dell’ordinario diocesano, i vari manifesti affissi sui muri portano le insegne araldiche del comune, della provincia e di tantissime altre istituzioni pubbliche, i palazzi alzano le armi gentilizie in pietra e in affresco, le targhe onomastiche delle varie vie sono precedute dall’emblema del comune e così si potrebbe continuare…

Viviamo immersi e circondati da stemmi, anche se sovente, assillati dalla fretta del vivere quotidiano, non li osserviamo e di conseguenza non apprezziamo e comprendiamo i valori e i significati che essi promanano.

Parimenti é sorprendente constatare come in Italia – nazione di eminenti tradizioni culturali – la scienza araldica sia stata sempre, salvo sporadiche e lodevoli eccezioni, considerata superficialmente come una delle tante vanità dell’orgoglio umano, relegata, quale esclusivo appannaggio, al mondo gentilizio e a quello feudale-cavalleresco.

Ci auguriamo quindi, con il presente testo, dove analizzeremo l’araldica in generale, la simbologia e la storia del leone marciano, oltre all’araldica gentilizia, ecclesiastica, militare e civica, con particolare riferimento, ovviamente, alla figura araldica del leone di San Marco e alle insegne della Provincia di Venezia, di ridestare l’interesse per una materia che, ai giorni nostri, é per lo più sconosciuta. Giustamente Goffredo di Crollalanza, nel 1904, scriveva che «l’araldica ha attraversato tre epoche: nella prima si praticava e non si studiava; nella seconda si praticava e si studiava; nella terza, che é la presente, si studia e non si pratica».

E per il nostro oggi bisognerebbe aggiungere una quarta variante: «l’araldica non si pratica e non si studia più». Ma vogliamo, in ogni caso, sperare che l’odierna società senta il bisogno di rinvigorire l’amore e l’interesse per questa affascinante, dotta scienza ausiliaria della storia. Lo stemma sta per la comunità, anzi é la comunità, poiché nell’immagine che un ente ha scelto e ha caricato nel suo vessillo c’é qualcosa di più di una semplice convenzione. È storia di archetipi, di significati condensati nel nostro passato e sommersi che avrebbero soltanto bisogno di essere tirati su e riportati a riva… Sono segni che rimangono davanti a noi tutt’oggi.

Come l’uomo, così una comunità é anche ciò che é stata per essere autenticamente ciò che sarà. Necessita quindi fare memoria e speranza di questa sorgente ricchissima e inesausta a cui é possibile attingere ancora per il nostro oggi”.

L’araldista Giorgio Aldrighetti con la sua passione per il celeberrimo simbolo di Venezia, ha prodotto un volume elegante e di sicuro interesse. Tutti conoscono il leone di San Marco, ma spesso neanche le persone più istruite sanno spiegare con precisione la sua complessa simbologia e persino le persone più colte si nutrono di dicerie e fandonie ormai inveterate.

Qualche esempio. Aldrighetti ricostruisce l’origine di un simbolo caro, il leone con spada (guerra di Candia, 1643), ma ricorda come la bandiera della nave capodistriana alla battaglia di Lepanto mostrasse un leone con croce latina, non con spada: nessuna legge veneziana, in effetti, prescriveva un uso di pace e uno di guerra.

E a proposito di navi, le (rispettose) tirate d’orecchie araldiche non risparmiano neppure la gloriosa Marina militare italiana, che nella sua bandiera con gli stemmi delle repubbliche marinare commette alcuni errori proprio nella raffigurazione del leone di San Marco: storicamente, sarebbe più corretto rappresentarlo in campo azzurro, non rosso, e senza i fantasiosi gigli d’oro. Per non parlare dei leoni alati che compaiono negli stemmi del Reggimento Lagunari e in quello del Battaglione “Venezia”, che sono imprecisi. E ancora: che le “code” della bandiera veneziana siano sei (sei come i sestieri di Venezia), si dice ma non sta scritto da nessuna parte, tanto che nelle antiche raffigurazioni capita di trovarne anche tre o cinque. La chiarificazione di Aldrighetti diventa così un esercizio di erudizione, ma allo stesso tempo un avvertimento lanciato contro l’ignoranza.

Molte generazioni di Veneziani e di Veneti hanno creduto per secoli che il libro stretto dal leone fosse il Vangelo di San Marco, ma Aldrighetti fa presente che nel Vangelo di San Marco non esiste la frase “pax tibi Marce evangelista meus”; ed in effetti le raffigurazioni più antiche del leone mostrano invariabilmente un libro chiuso, che quasi certamente rappresentava l’opera dell’evangelista; ma l’evoluzione figurativa che portò il libro ad aprirsi, ponendovi sopra quelle cinque parole altisonanti, fu una evoluzione politica e, diremmo oggi, ideologica. Lungi dall’essere un Vangelo, quello contenente il motto latino è una rappresentazione del “mandato” che i dogi ricevevano all’atto di entrare in carica, e le parole che vi sono scritte sono quelle che, secondo la leggenda, pronunciò un angelo apparso in sogno a San Marco mentre una tempesta di mare spingeva la sua nave verso un’oscura laguna in fondo all’Adriatico.

Ovvio che San Marco non passò mai da quelle parti, ma le leggende servono quasi quanto le bandiere in battaglia: nell’accreditare quell’impossibile tavoletta, i cronisti lagunari rinserravano il legame tra la città dei Dogi e uno dei più autorevoli santi della Cristianità. Andante o passante, con libro o con spada, accovacciato o “in moleca”, come si chiama ancor oggi il leone tondo del Comune di Venezia e di Cà Foscari, lo stemma della Repubblica veniva immediatamente riconosciuto dalla coffa di qualsiasi vascello.

Anche per questo, il leone alato mutò innumerevoli forme nel corso dei secoli e resistette a deformazioni e alterazioni. (mlp)