ALFONSO MARINI DETTINA, Il legittimo esercizio del Gran Magistero del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003, pp. 296, 17×24.

Il libro nasce dalla tesi dottorale in Diritto Canonico dell’Avv. Alfonso Marini Dettina, stampata dalla Tipografia Vaticana con approvazione ecclesiastica di S.E. Rev.ma Mons. Rino Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense, in edizione speciale per l’Università e pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana per la diffusione nelle librerie.

La Presentazione è di S.Em. Rev.ma il Sig. Cardinale Gilberto Agustoni, Prefetto Emerito del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, mentre la Prefazione è dell’Ill.mo e Rev.mo Prof. Mons. Brian Edwin Ferme, Decano della Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Lateranense.
Segue il preambolo storico: “L’attuale disputa relativa al Gran Magistero origina da una scissione dell’Ordine avvenuta nel 1960, quando si estinse nei maschi la linea del Gran Maestro S.A.R. il Principe Don Ferdinando Pio, Capo della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie, primogenito dei dieci figli del Conte di Caserta, S.A.R. il Principe Don Alfonso di Borbone delle Due Sicilie (1841-1934), fratello di S.M. Francesco II, Re del Regno delle Due Sicilie. Allora la successione nei diritti dinastici della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie e nel Gran Magistero dell’Ordine Costantiniano (a norma degli Statuti vigenti i quali prevedevano la successione per primogenitura) venne rivendicata dall’erede maschio jure sanguinis più vicino al defunto, S.A.R. l’Infante di Spagna Principe Don Alfonso (1901-1964), figlio orfano di S.A.R. l’Infante di Spagna Principe Don Carlo (1870-1949), secondogenito del Conte di Caserta. Si oppose tuttavia S.A.R. il Principe Don Ranieri (1883-1973), maschio quintogenito del Conte di Caserta”. Don Ranieri si pose a capo del cosiddetto Ordine Costantiniano “Napoletano”, rivendicando gli stessi diritti già vantati dal nipote sul presupposto che la successione nei diritti della estinta linea primogenita avrebbe dovuto saltare la linea secondogenita di S.A.R. Don Carlo per rinuncia nel 1900, mentre le linee terzogenita e quartogenita si erano estinte. “S.A.R. il Principe Don Ranieri pretendeva la validità del cosiddetto Atto di Cannes del 1900, una scrittura privata non autenticata, di rinuncia da parte del secondogenito del Conte di Caserta, S.A.R. il Principe Don Carlo ‘ad ogni diritto e ragione alla eventuale successione alla Corona delle Due Sicilie ed a tutti i Beni della Real Casa trovantisi in Italia ed altrove’, formula nella quale il quintogenito riteneva implicitamente compreso il Gran Magistero Costantiniano. S.A.R. l’Infante di Spagna Principe Don Alfonso impugnò la presunta rinuncia attribuita al padre Don Carlo, ritenendola nulla e inefficace. Alla morte dell’Infante, nel 1964, il figlio S.A.R. il Principe Don Carlos assunse quindi la dignità di Capo della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie e l’ufficio di Gran Maestro del S. M. Ordine Costantiniano di San Giorgio”. Circa la natura dell’Atto di Cannes del 1900, l’Autore spiega che questo atto, “essendo in sostanza la rinuncia di un figlio alla futura eredità del padre ancora in vita, si configura come un esempio classico di patto successorio”. Ciò premesso, l’indagine prosegue con l’individuazione del diritto vigente nel 1900, applicabile alla fattispecie secondo il principio tempus regit actum per cui ogni atto giuridico è vincolato alla legge sostanziale e processuale vigente al momento in cui è posto in essere. “Il divieto dei patti successori”, spiega l’Autore, “già presente nel diritto romano, era nelle legislazioni francese e italiana vigenti nel 1900 una delle regole fondamentali in materia successoria ed uno dei fondamentali principi di ordine pubblico interno (viventis non datur hereditas). Come oggi, anche nel 1900 i patti successori erano considerati nulli, invalidi, inefficaci, perché ritenuti immorali. Il divieto dei patti successori rientrava e rientra, nei rispettivi ordinamenti interni francese e italiano, tra le norme cosiddette ad applicazione necessaria. È un principio di diritto comune, presente nel diritto francese e nel diritto italiano e accolto perfino dall’ordinamento canonico mediante il rinvio alle leggi civili degli Stati, che le leggi riguardanti l’ordine pubblico obbligano inderogabilmente tutti i presenti sul territorio ove vigono. In quanto norma inderogabile di ordine pubblico, il divieto dei patti successori rileva sia per il diritto privato che per il diritto pubblico. Dunque l’atto posto in essere a Cannes in violazione di una norma francese di ordine pubblico verrebbe ad essere regolato dal diritto francese vigente nel 1900 con l’esclusione di qualsivoglia richiamo ad altro diritto, e, come detto, la legislazione francese vietava i patti successori considerandoli nulli; infine la giurisprudenza, insistendo particolarmente sul carattere di ordine pubblico della devoluzione successoria, ha sempre applicato in modo rigido il divieto dei patti successori dichiarando nulla ogni convenzione che avesse avuto ad oggetto un bene facente parte di una futura eredità o che avesse potuto avere l’effetto di bouleverser l’ordre successif”.Si tratta della più importante opera sul Gran Magistero Costantiniano dopo il monumentale lavoro di Giuseppe Castrone pubblicato nel 1877. Marini Dettina ha studiato dal punto di vista del Diritto Canonico il Gran Magistero Costantiniano e la sua successione, dimostrandone la natura giuridica di ufficio ecclesiastico. Il volume si compone di cinque capitoli, della conclusione generale, di due appendici documentali, della bibliografia, e dell’indice dei nomi e dei luoghi. I primi due capitoli riguardano laStoria dell’Ordine Costantiniano dalla fondazione ai giorni nostri. Per facilità di lettura i capitoli sono stati divisi in diversi paragrafi concernenti ciascuno i momenti più significativi. Il lungo excursus storico vuole evidenziare soprattutto le peculiarità dell’Ordine Costantiniano, le antiche modalità di esercizio del Gran Magistero e di successione nell’ufficio Magistrale, il suo passaggio tra diverse Famiglie, le varie dispute relative all’esercizio dell’ufficio ed alla successione nella sua titolarità. Con riferimento alla metodologia usata, il lavoro di ricostruzione storica è basato sull’analisi delle molte fonti d’archivio reperite, delle fonti bibliografiche, artistiche, iconografiche ed epigrafiche, nonché (per ciò che riguarda il secolo XX) sul confronto di innumerevoli articoli di cronaca e di approfondimento tratti da periodici. Per quanto riguarda in particolare le mere notizie di cronaca i fatti sono spesso riportati con le stesse parole degli articoli in modo da conservare lo spirito dell’epoca degli accadimenti ed offrire al lettore un fedele specchio dei tempi. Il libro ricostruisce le vicende storiche dell’Ordine evidenziando i rapporti tenuti dai Gran Maestri con l’autorità politica ed ecclesiastica, con i propri congiunti e pretesi tali, con i Cavalieri. Il primo aspetto “denota un complesso di riconoscimenti che diviene costante a partire dalla seconda metà del secolo XVI in favore dei Gran Maestri, nella forma di titoli, privilegi e prerogative, ed in favore degli appartenenti all’Ordine Costantiniano”. Quanto ai rapporti tra i Gran Maestri ed i propri congiunti veri o pretesi, si assiste all’alternarsi di azioni prese di comune accordo e di accesi conflitti: “Il filo conduttore è la successione nel Gran Magistero Costantiniano, il quale ordinariamente fu sempre trasmesso in ragione della primogenitura al figlio maschio primogenito del Gran Maestro defunto, o, mancando la discendenza diretta, al maschio per nascita più vicino al defunto, e ciò a prescindere dalla titolarità dei diritti dinastici delle Famiglie che ressero l’Ordine”. L’Autore sottolinea che il principio della successione per primogenitura nell’ufficio di Gran Maestro venne codificato nei vari Statuti che regolarono la vita dell’Ordine Costantiniano. Il terzo capitolo enuclea nel primo paragrafo le varie distinzioni e classificazioni formulate dagli studiosi per gli Ordini Equestri rilevando il fatto che il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio è unanimemente considerato un Ordine religioso-cavalleresco. Nei successivi due paragrafi si tratta rispettivamente della natura giuridica canonica dell’Ordine Costantiniano e del suo supremo ufficio, il Gran Magistero. Ognuno dei tre paragrafi è preceduto da una sintesi. Segue una conclusione al capitolo. Questo capitolo è frutto della meticolosa ricostruzione della storia dell’Ordine compiuta nei precedenti capitoli e dell’analisi della stessa alla luce del diritto canonico. Il capitolo mostra come “con il tempo e l’approvazione pontificia l’Ordine Costantiniano acquisì i caratteri di una Milizia religiosa riconosciuta come Religione. I Cavalieri Costantiniani potevano pronunciare la propria professione nell’Ordine emettendo dei voti approvati dalla Chiesa, quali il Voto di Ubbidienza, il Voto di osservare i comandi della Chiesa Cattolica, il Voto di difesa delle Vedove, dei Pupilli, delle Persone miserabili, il Voto di Castità coniugale, ovvero voto di non passare a seconde nozze, il Voto di Umiltà, il Voto di Carità, oltre ad altri voti particolari. Nel secolo XVIII questa caratteristica fece ritenere l’Ordine Costantiniano un Ordine Religioso in senso lato o non rigorosamente Religioso, richiedendo gli Ordini rigorosamente Religiosi la professione dei tre Consigli Evangelici di Castità, Povertà, Ubbidienza”. Fino alla prima metà del secolo XX troviamo Cavalieri professi che emettevano i Voti di Ubbidienza, di Difesa e Promozione della Religione Cattolica, di Carità verso il prossimo, di Castità nei diversi stati, possibilità che per l’Autore è ancor oggi garantita. Uno specifico sottoparagrafo tratta della attuale natura giuridica dell’Ordine rilevando preliminarmente il fatto che il Codex Iuris Canonici del 1983 non menziona gli Ordini Cavallereschi religiosi o legati in qualche modo alla Santa Sede. Ciò ha generato dubbi dottrinali circa l’individuazione della attuale natura giuridica degli stessi; Marini Dettina definisce gli Ordini in parola istituzioni sui generis la cui peculiare natura giuridica non è completamente individuabile servendosi unicamente delle moderne categorie del C.I.C. e osserva infine che gli Ordini equestri religiosi, per le loro peculiarità essenziali legate alle tradizioni e valori cavallereschi, meriterebbero comunque una specifica normativa anche alla luce della nuova visione del laicato scaturita dal Concilio Vaticano II. Quale insieme di persone e di cose ordinato ad un fine corrispondente alla missione della Chiesa e dalla stessa approvato, “l’Ordine Costantiniano possiede infatti i caratteri delle persone giuridiche ecclesiastiche, in passato anche dette persone morali, enti giuridici, corpi morali, personae canonicae”. Nel paragrafo si precisa che “per tali Ordini vige innanzitutto il diritto particolare (Statuti), cui rimanda il Codex Iuris Canonici per la disciplina interna delle persone giuridiche ecclesiastiche. Per tutto ciò che non è regolato dal diritto particolare ci si dovrà attenere alle norme del diritto universale, comprendente ogni fonte del diritto canonico, principalmente il Codex, e dunque considerare i canoni concernenti le persone giuridiche ecclesiastiche, quelli sulle associazioni di fedeli, quelli sugli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, come i canoni relativi agli uffici ecclesiastici”. Vagliati gli elementi raccolti il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio “può ascriversi al genere oggi denominato persone giuridiche ecclesiastiche private, con i caratteri di una associazione privata di fedeli e quelli di un Ordine Religioso”. Un importante paragrafo è dedicato alla natura giuridica del Gran Magistero Costantiniano, argomento trascurato dagli studiosi. In merito Marini Dettina sottolinea che la considerazione della natura religioso-cavalleresca dell’Ordine nonché l’esame degli Statuti approvati dalla Santa Sede, dei documenti pontifici di riconoscimento e approvazione dell’Ordine (in particolare i Brevi Sincerae fidei del 4 ottobre 1699 e Alias feliciter del 20 aprile 1701, e la Bolla Militantis Ecclesiae del 27 maggio 1718), dei diplomi di nomina dei Cavalieri, del contegno sempre tenuto dai Gran Maestri, permette di qualificare l’ufficio di Gran Maestro del S. M. Ordine Costantiniano di San Giorgio come ecclesiastico. Il C.I.C. 1983, basandosi sulla precedente legislazione, definisce ufficio ecclesiastico qualunque incarico, costituito stabilmente per disposizione sia divina sia ecclesiastica, da esercitarsi per un fine spirituale. Si tratta, inoltre, di “un ufficio ecclesiastico di erezione pontificia che, non necessitando della ordinatio in sacris, è stato sempre tenuto da un laico battezzato, anche coniugato, cosa certo non frequente nei secoli scorsi, ma legittima, conseguenza del tipo di ufficio e dell’autorità che lo conferiva”. Il quarto capitolo è dedicato all’analisi giuridica del cosiddetto Atto di Cannes del 1900 poiché l’attuale disputa sul Gran Magistero Costantiniano, sorta nel 1960, è incentrata sulla validità o meno di tale Atto, dal quale originano le pretese del ramo cadetto dei Borbone Due Sicilie cui fa capo il cosiddetto Ordine Costantiniano “Napoletano”. Lo studio di questo documento comincia con l’individuazione del diritto applicabile alla fattispecie; segue l’interpretazione del testo nella quale la questione giuridica è sviscerata in modo approfondito e articolato. Tale approccio ha richiesto la consultazione di varie fonti giuridiche e dottrinali elaborate nell’arco degli ultimi cinque secoli. Un secondo momento ha visto il confronto tra i risultati dell’analisi personale e quelli raggiunti dalla letteratura e dai pareri legali già espressi sul tema da parte di organismi istituzionali.

Il divieto dei patti successori era contemplato anche dal diritto dell’estinto Regno delle Due Sicilie a cui l’Atto di Cannes del 1900 “fa espresso quanto inefficace rinvio”. Due paragrafi dimostrano che l’Atto di Cannes, ad ogni modo, difetta di tutti i requisiti essenziali per la validità di una obbligazione richiesti dal diritto francese, italiano e del Regno delle Due Sicilie ed il fatto che la sua nullità è certa e insanabile. Tale nullità “colpisce conseguentemente anche ogni altro atto che al patto successorio di Cannes intendesse dare attuazione”. Uno specifico paragrafo dimostra come la nullità e inefficacia dell’Atto di Cannes e l’impossibilità di qualsivoglia incidenza sulla successione nel Gran Magistero Costantiniano siano confermate dal diritto canonico: “il Gran Magistero Costantiniano, quale ufficio ecclesiastico di erezione pontificia regolato dagli Statuti approvati dalla Santa Sede (le ultime modifiche vennero approvate nel 1919 da S.S. Benedetto XV), era nel 1900 rinunciabile in vita solo da colui che ne fosse pro tempore investito, unicamente per giusta causa, ed in favore del proprio primogenito maschio sano. La pretesa ‘rinuncia’ di Cannes non menzionava l’Ordine Costantiniano; non contemplava alcun ufficio, tanto meno ecclesiastico quale è il Gran Magistero Costantiniano; è attribuita a qualcuno (S.A.R. Don Carlo) che non essendo investito dell’ufficio di Gran Maestro, per il diritto canonico non avrebbe potuto rinunciare a tale ufficio; era priva di qualsiasi valore per il diritto canonico non essendo basata su di una causa giusta e proporzionata; non è stata mai accettata dal Sommo Pontefice”. Sulla base di tutti i rilievi giuridici effettuati e conformemente a quanto prescritto dagli Statuti dell’Ordine vigenti nel 1960, l’Autore ritiene “legittima la successione nel Gran Magistero Costantiniano di S.A.R. l’Infante di Spagna Don Alfonso di Borbone delle Due Sicilie, avvenuta nel 1960, e, nel 1964, quella di suo figlio S.A.R. il Principe Don Carlos”. Nel quinto capitolo un paragrafo è dedicato alla posizione della Santa Sede ed ai riconoscimenti internazionali ottenuti. Un ultimo paragrafo, infine, offre un contributo scientifico costruttivo in vista di una soluzione della controversia relativa al Gran Magistero. La Santa Sede, “approvato e riconosciuto ufficialmente l’Ordine Costantiniano con vari documenti dei quali il più importante è la bolla Militantis Ecclesiae del 1718, insorta la disputa nel 1960 ha evitato di pronunciarsi esplicitamente sulla legittimità o meno delle reciproche pretese. In seguito, vagliando la fattispecie alla luce del diritto canonico, potrebbe pronunciarsi a favore dell’uno o dell’altro, oppure riconoscere l’esistenza di due Ordini ormai distinti o di essere in presenza di due rami di uno stesso Ordine e venire incontro alle rispettive esigenze”.

Oltre al riconoscimento nell’ordinamento canonico, il S. M. Ordine Costantiniano di San Giorgio concesso da S.A.R. l’Infante di Spagna Principe Don Carlos di Borbone Due Sicilie gode in Spagna il riconoscimento nell’ordinamento giuridico spagnolo.

Un riconoscimento iniziato per consuetudine e da ultimo espresso dal Capo dello Stato S.M. Re Juan Carlos I che “ha accolto e fatto proprio il responso dei pareri ottenuti nel 1984 dal Ministero di Giustizia, dalla Real Accademia di Giurisprudenza e Legislazione, dal Ministero degli Affari Esteri, dall’Istituto “Salazar y Castro” del Consiglio Superiore delle Ricerche Scientifiche, e dal Consiglio di Stato, pareri che, largamente motivati, riconoscono unanimi S.A.R. il Principe Don Carlos come Capo della Casa di Borbone delle Due Sicilie e titolare del Gran Magistero del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio”. Allo stesso Principe, nel 1994, S.M. il Re ha concesso la dignità di Infante de España. Nel paragrafo dedicato ai tentativi ed alle ipotesi di conciliazione della attuale disputa sono ricordati i passati tentativi di composizione. Approfittando dell’indipendenza e del carattere speculativo della sede accademica, Marini Dettina individua possibili criteri risolutivi del conflitto privilegiando l’ipotesi del compossesso dell’Ordine, sistema di gestione che, come mostra il primo capitolo, fu già in uso nel secolo XVI. A monte la considerazione che “l’esercizio del Gran Magistero dell’Ordine è il problema più delicato, ma non il più importante, poiché tutti i Cavalieri Costantiniani dovrebbero mirare per prima cosa al rispetto delle finalità religiose, assistenziali e benefiche, ancora comuni alle due realtà equestri. Utile punto di partenza, onde evitare ulteriori eventuali divisioni, sarebbe da un lato il riconoscimento della nullità e conseguente inefficacia della ‘rinuncia’ di Cannes e degli atti che la presuppongono, e dall’altro l’accettazione di uno stato di fatto con l’impegno a trovare una soluzione di diritto”.

La conclusione generale riprende per grandi linee tutto il lavoro svolto e conferma che oggi esercita legittimamente il Gran Magistero Costantiniano S.A.R. l’Infante di Spagna il Principe Don Carlos di Borbone delle Due Sicilie e Borbone Parma, Duca di Calabria. Insiste poi sul pensiero portante di tutto lo studio, che è quello, già annunciato nell’introduzione, di stimolare tra le parti interessate un confronto pacato e dal tono sempre alto per trovare un’utile soluzione alla disputa sul Gran Magistero Costantiniano.

La prima appendice contiene quarantatrè documenti, tra i quali molti inediti d’archivio. La seconda appendice contiene il carteggio inedito 1940-1943, rinvenuto dall’Autore presso l’Archivio Centrale dello Stato in Roma, della transazione tra lo Stato Italiano e gli Eredi Borbone delle Due Sicilie relativo al contenzioso giudiziale sui beni farnesiani di Caprarola. Questo carteggio dimostra il fatto (argomentato nel libro) che tutti i figli del defunto Conte di Caserta (†1934), compreso Don Carlo, Infante di Spagna, furono considerati dallo Stato Italiano e si considerarono suoi eredi e Principi delle Due Sicilie, e che dunque la pretesa rinuncia di Cannes del 1900 da parte di Don Carlo non venne mai considerata efficace. La bibliografia è divisa nelle seguenti sezioni: a) Fonti archivistiche (elencate per archivio e precedute da brevi indicazioni sul contenuto dei documenti studiati); b) Fonti inedite da archivi privati (corrispondenza); c) Fonti artistiche, iconografiche ed epigrafiche; d) Collezioni; e) Letteratura. Chiude il volume l’indice dei nomi e dei luoghi. (Guy Stair Sainty)