GIORGIO ALDRIGHETTI – MARIO DE BIASI, Il Gonfalone di San Marco. Analisi storico-araldica dello stemma, gonfalone, sigillo e bandiera della Città di Venezia, Filippi Editore, Venezia 1998.

Quando, nell’ormai remoto febbraio 1983, l’amico Giorgio Aldrighetti mi presentò il suo primo “lavoretto” d’Araldica, Chioggia, l’Arma ed il titolo di città, per chiedermi – non perché esperto ma perché Sindaco – la Presentazione per la pubblicazione, presi quel “lavoretto” per serio sì, ma di serietà leggera come di cosa ritenuta futile dai più.

Io allora facevo parte – lo confesso e ne faccio ammenda coram populo – di quei più che la pensavano così e, quasi stando a un gioco, vergai una paginetta lieve e tesa sul filo storico-faceto delle verità di fantasia. “Giorgio Aldrighetti”, scrissi, “ha saputo conciliare l’amore per la sua città con la sua propensione naturale – direi donferrantesca – per la “gran bontà dei cavalieri antiqui”, le loro gualdrappe e i lucori della loro araldica nella quale si radica l’emblematica civica. Chioggia è rinomata per quello strano essere alato che i veneziani han collocato sull’alto pulvino della colonna nella piazzetta – approdo di Vigo; ma il leone suo primigeno e vero è un altro, rosso in campo d’argento, eretto, come sopra la “porta dei leoni dell’antica Micene…” .

Certo non potevo pensare che dal leone miceneo di Chioggia, nobile e antichissimo ma comunque leone suddito della Dominante, l’Aldrighetti fosse destinato ad assurgere al sommo grado di tutore e citatore del leone alato  paron della Dominante stessa.

Quell’operetta, che guadagnò la lode motivata del compianto prof. Pietro Giorgio Lombardo, la cui lettera Aldrighetti conserva con commozione, gli ha ottenuto anche la stima dell’ultimo grande araldista italiano del millennio che volge all’occaso, (che è stato – ricordiamolo – il millennio dell’araldica), il prof. Paolo Tournon, dirigente dell’Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio dei Ministri in Roma. Le porte di quell’Ufficio, oggi, per Aldrighetti infatti sono sempre spalancate. È socio corrispondente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano e socio ordinario della Società Italiana di Studi Araldici.

Dopo un secondo libro più grande e più ricco sullo stemma di Chioggia,  nel 1995 è uscito dai torchi, il primo suo libro su Il Leone di San Marco,  l’analisi storico-araldica per lo stemma, gonfalone, bandiera e sigillo della Provincia di Venezia. La pubblicazione è avvenuta nell’occasione del rifacimento radicale dell’emblematica provinciale, proposto, seguito e portato a compimento progettuale e burocratico appunto dall’ormai affermato araldista chioggiotto.

Ora la Provincia di Venezia ha un gonfalone bianco con lo stemma azzurro, non più quello fuorilegge.

Da allora Aldrighetti – che è partito lancia in resta come i cavalieri dei suoi sogni – ha scoperto vari errori in diverse pubblicazioni specifiche e generali edite da Mondadori, Utet, Selezione dal Reader’s Digest, ottenendone la correzione nelle nuove edizioni; ha fatto cambiare tutta la tavola araldica al Vocabolario della lingua italiana lo ZINGARELLI 1997 dell’editore Zanichelli di Bologna; ha fornito, su segnalazione della Soprintendenza Archivistica di Venezia, lo studio storico araldico per il riconoscimento degli emblemi alla Fondazione “Opere Pie conti d’Onigo” di Pederobba, ha trovato l’origine ed il significato araldico dello stemma dei conti di Collalto principi dell’Impero d’Absburgo, è stato richiesto di consulenza per i colori di Trieste e per lo stemma della regione Val d’Aosta,  ha impegnato – parrebbe il colmo – la Marina Militare Italiana a correggere lo stemma della bandiera disegnato in deroga alle regole araldiche…

Ma ogni gradino è stato superato dall’ultimo suo lavoro: è arrivato a dettar legge al Comune di Venezia, ottenendo, e attuando la riforma del Leone di San Marco che sulle bandiere, gli stemmi e i sigilli del Comune veneziano era vivacchiato, ai limiti della legalità e in piena confusione, dal 1848. Realtà romanzesca: al Sindaco di Venezia è stato proposto da Roma, quale esperto di piena fiducia, il nostro comm. Giorgio Aldrighetti.

Aldrighetti ha presentato le corrette sostituzioni fatte eseguire graficamente dal diligente disegnatore chioggiotto Sandro Nordio.

Tanti nasi veneziani si sono “storti” e han mugugnato allo scandalo: “Come, con le Università, le Accademie, gli Atenei, gli insigni studiosi dell’Alma città, arriva per la via di Roma “quello del Comune de Ciosa !”.

Ma di maestri della scienza araldica e della simbologia equipollente (il leone marciano sfugge alla regolamentazione araldica per il suo stesso aspetto, da sempre al naturale) a Venezia non ce ne sono. La risposta così chiara e tonda ha troncato ogni disappunto.

C’è un colto e appassionato scopritore e catalogatore di leoni marciani, il dr. Alberto Rizzi autore di molte pubblicazioni. C’è anche uno storico del Gonfalone, a Venezia, il prof. Mario De Biasi, il cui lavoro, pubblicato nell’81, è stato ristampato ad autorevole introduzione del lavoro di Aldrighetti nel libro licenziato, su incarico del Comune, dall’editore Filippi. E’ un volume di forma quadrata, folto di 378 pagine delle quali ben 360 dovute alla penna di Giorgio Aldrighetti e alla sua raccolta iconografica, ottenuta direttamente da prestigiosi musei e biblioteche del Vaticano, Venezia, Roma, Norimberga, Trento, Concordia Sagittaria, Padova,  Capodistria e Montona d’Istria, la turrita patria dei miei avi paterni, ancor oggi orgogliosa dei suoi 13 leoni di sasso, tra i più antichi conosciuti.

Il testo e la raccolta, aperti alle pubblicazioni recenti, riproducono e citano qualche passo, disegno e illustrazione dell’ultimo mio libro sulla caduta della Serenissima e l’abbattimento continuato dei leoni lungo l’altra sponda del golfo Adriatico di Venezia. Una particolarità nuova e inusitata  nell’ambiente veneziano chiuso e immemore nel suo bisecolare narcisismo, è proprio quest’ampia panoramica territoriale – e non solo civica – della civiltà del Leone che da Bergamo arrivava alle Sebenico e Spalato del Tommaseo, alla Zacinto del Foscolo, fino a congiungersi, nella Morea di Francesco Morosini Peloponnesiaco, a Micene madre del leoncino rampante di Chioggia.

“Dal Leone di Clodio (dobbiam chiamarlo Clugio quale fondatore di Clugia ?) al Leone di Marco” può essere definito il cursus honorum dell’amico Giorgio.

Chi ha detto che  Venezia riconosce solo i  veneziani ?  E’ vero invece che c’è posto anche per i chioggiotti che sanno mettersi in gara non con la lingua ma con il cervello ! (Luigi Tomaz)

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