Araldica Militare

di Giorgio Aldrighetti





Stemma dell'Esercito Italiano

    Analizzando per prima la Serenissima repubblica di San Marco ricordiamo che: “non aveva re d'armi o consulta araldica, se vi fossero stati avrebbero probabilmente stabilito che la bandiera dovesse avere gli stessi colori dello stemma così come è l'uso comune. (D'azzurro e d'oro. N.d.A.) Invece sulle bandiere si pose sempre il leone in piedi, ciò che (…) consentiva maggiore libertà di esecuzione, libertà che si estendeva al fondo ossia al colore delle bandiere stesse”. 1)

Analizziamo, di conseguenza, lo stendardo che si trovava nell'Oratorio della nave ammiraglia del doge Francesco Morosini (1688-1694), trovandovi caricata, tra le altre figure, un leone passante e quindi “in piedi”, nella rarissima positura del muso raffigurato di profilo.

Il drappo del vessillo figura di rosso, caricato dalla croce latina al naturale, posta in palo, con il Santissimo Crocifisso di carnagione, nimbato d'oro, sostenuta dal ristretto recante a sinistra la fascia di nero, sostenente un Santo vescovo inginocchiato con il volto e le mani di carnagione ed a destra sostenente il leone di San Marco d'oro, col muso di profilo, passante e rivoltato, sostenente con la zampa anteriore sinistra la Croce con il Santissimo Crocifisso e con la zampa posteriore destra sulla fascia simboleggiante il mare ondoso, d'azzurro.

Addestrata alla croce, la B. M .V., la Mesopaditissa con il divin Figlio, in busto, posta in maestà, d'oro, con i volti di carnagione scura. Addestrati e sinistrati alla croce, in palo, cinque ovali per parte, con busti di Santi al naturale. In punta, l'arme gentilizia dei Morosini.

Infatti: “Pensare alla bandiera di San Marco come allo stendardo rosso ed oro dalle lunghe fiamme svolazzanti, issato sui pennoni della piazza, diremo immediatamente sarebbe un'arbitraria estensione di ciò che fu in effetti la realtà storica.

Ci proporremo qui, dunque, di cercare di chiarire l'argomento secondo la documentazione disponibile.

Anzitutto è indispensabile precisare come il colore delle insegne non sia stato mai fissato nel rosso da disposizioni della Serenissima. Questa, benché in qualche modo abbia regolamentato l'uso delle insegne stesse, come si vedrà, non stabilì precise caratteristiche per le bandiere di combattimento e non.

Per cui, se dalla consuetudine nascerà la legge, cioè una certa tipologia, abbastanza ampli sono i margini in cui annoverare varietà molteplici.

Il fatto che il color cremisi abbia prevalso talora ed, in particolare, abbia contribuito a creare un'immagine popolare dello stendardo marciano, si deve con ogni probabilità alla duplice circostanza di essere colore di guerra, da un lato, e colore di pompa, dall'altro: dai manti purpurei dell'antichità, al colore delle pietra in cui sono scolpiti i notissimi tetrarchi, all'abbigliamento del Capitano da Mar, alle livree della guardia schiavona...

È noto che la prima testimonianza in cui appaia la bandiera veneziana è fornita dal ciclo musivo della cappella di S. Isidoro, a San Marco; appartiene, dunque, alla metà del secolo quattordicesimo.
Ed il vessillo non sventola solo sulle navi, ma appare 'inalberato' sugli spalti di Chio: un drappo bianco a tre fiamme dal piccolo Leone rosso in 'moleca' in campo.

Una prima categoria di bandiere che, preso spunto di qui, seguiremo, è costituita, dunque, dalle insegne appartenenti a castelli, fortezze, città fortificate e città, quindi a castellani, capitani e Podestà.

È documentata, naturalmente, la varietà di colori cui si faceva cenno. Il bianco della bandiera a Chio, di cui si diceva, si ripete, per rimanere nel campo di ciò che è documentato, in una posteriore di quattro secoli, sicuramente appartenuta ad un podestà di Torcello: vi appare il Leone andante che con la zampa sinistra regge lo stemma Zorzi. (cfr. A. Callegari: Il Museo di Torcello, Venezia 1930, p. 43.)

Ed allo stesso tipo appartiene un altro drappo quadrato, sempre fregiato del Leone, datato 1730 ed appartenente al Museo Correr in Venezia.

Ma assai interessante è un altro tipo di insegna sicuramente appartenuto a Podestà: lo stendardo triangolare a due code.

Un primo esempio è fornito da una miniatura secentesca su pergamena del Livre des Drapeaux di Friburgo, che riproduce tutte le bandiere, antica preda di guerra degli Svizzeri, un tempo conservate a San Nicolò nella stessa città. (Le tre bandiere di San Marco dal codice friburghese sono state ampliamente illustrate da Giovanna Majer: Tre Bandiere veneziane, Venezia, 1929).

Si tratta d'uno stendardo rosso dal Leone andante, la Vergine ed il bambino e lo stemma Bragadin che, insieme con le iniziali A B permette di identificarlo con l'insegna di Antonio Bragadin che nel 1508 e 1509 fu podestà e Capitano di Rovigo.

E del tutto analoga, assai più insegna di podestà che stendardo di fraglia, è la bandiera secentesca firmata Michael Busonico Padovano, recante un'effige di Santa Barbara sormontata da un piccolo leone alato, una veduta di Belluno e lo stemma Soranzo: si tratta d'un dono dei bombardieri di Belluno al podestà Francesco Soranzo (esposto nelle sale del Museo Correr, Venezia). Un drappo rosso senza code è quello che sventola sulla fortezza di Coronne, secondo il disegno a penna di Bortolo Carmoy del 1691, mentre lo stendardo con le lunghe fiamme, solitamente sventolante sulle galere, è l'insegna veneziana a Napoli di Romania secondo una testimonianza grafica pressoché contemporanea alla precedente (ambedue al Museo Storico navale, Venezia).

Passando alle bandiere della zente d'arme, uno stendardo che reca l'emblema veneziano, lo stemma Gonzaga ed il motto Audaces Fortuna Iuvat, noto sempre dalle miniature di Friburgo, ci riporta ai tempi in cui, s'è visto, 'el Signor Marchese de Mantoa' combatteva per Venezia con 'homeni d'arme 300'.


Stemma della repubblica di San Marco sec. XVII

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