Araldica Civica
di Giorgio Aldrighetti





    Amarezza proviamo, infine, per l'emblema assunto dalla Repubblica Italiana e dalla maggior parte delle regioni d'Italia, dove troviamo adottate delle insegne non rispettose dei relativi patrimoni storico-araldici.

Per emblema assunto dalla Repubblica Italiana ricordiamo che nel 1946, con la modifica della forma istituzionale dello Stato, l'Italia si ritrovò senza stemma e con la bandiera tricolore, “interzata in palo, di verde, di bianco e di rosso”, non più caricata dall'arme sabauda: “di rosso alla croce d'argento”, nel drappo di bianco.

Infatti, anche “se non mancano esempi di repubbliche che tutt'oggi innalzano gli stemmi di antichi dinasti, da secoli ormai intesi e sentiti come stemmi territoriali, la croce sabauda come stemma dello Stato italiano appare inequivocabilmente legata alla soluzione monarchica del Risorgimento nazionale. (...). Ma nel 1946 anche altri simboli sembrano politicamente improponibili, 'bruciati' dal loro uso ed abuso sotto il fascismo: l'aquila romana, la lupa e, fors'anche, lo scudo interzato in palo dei colori nazionali, che troppo freschi ricordi legano alla figura di cui era caricato ai tempi della 'diarchia araldica' (1927-1929) e, più tardi, della R. S. I. Né v'é spazio per la millenaria corona ferrea: le repubbliche stentano a distinguere fra corona sovrana e corona come segno di sovranità”.

“Nel primo provvedimento legislativo della Repubblica, il decreto legislativo del presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 1946, n. 1, relativo a 'nuove formule per l'emanazione dei decreti ed altre disposizioni conseguenti alla mutata forma istituzionale dello Stato', l'approvazione del nuovo 'emblema' dello Stato viene ricondotta dall'art. 7 alla competenza dell'Assemblea costituente”. 6)

Ma l'iter per la definizione e l'approvazione del nuovo segno distintivo repubblicano, risultò quanto mai faticoso.

Il presidente Terracini, all'Assemblea costituente, sostenne: “Sappiamo per (...) esperienza che ogni raffigurazione artistica incontra sempre plausi e critiche. Se riteniamo che possa divenire emblema della Repubblica soltanto quell'opera che raccolga il cento per cento dei voti, la nostra Repubblica non avrà mai un emblema. (...) Non è una cosa tragica: l'importante è che vi sia la Repubblica. Ma è anche necessario che la Repubblica abbia un proprio simbolo rappresentativo: (...). Questa è la ragione per cui ritengo di poter dire che (...) a un certo momento bisogna concludere, e che fra sei mesi potremo trovarci, in attesa di decidere sulla base di un consenso unanime, allo stesso punto di oggi (...)”.

“Per questo mi pare che dobbiamo porre un po' il freno alle nostre ambizioni di bellezza. Credo che qualunque emblema, quando ci saremo abituati a vederlo riprodotto, finirà con l'apparirci caro; e questa è la cosa essenziale”. 7)

L'onorevole Conti, relatore all'Assemblea, associandosi al richiamo del Presidente Terracini, affermò: “Io non so che farmene dei simboli; a me interessa la Repubblica; il simbolo sia quello che sia: qualunque cosa. (...) Anche poco fa il collega Medi ha fatto pervenire un suo disegno che, evidentemente, risponde al suo sentimento: egli propone di adottare come simbolo la croce. I comunisti, naturalmente, vorrebbero la falce ed il martello; i socialisti vi aggiungerebbero il libro; il mio Gruppo vorrebbe l'edera; io personalmente proprio niente. (...) Insomma, io dico: decidiamo, non perdiamo tempo intorno a queste cose (...). Propongo, pertanto, che si respinga la proposta di rinvio e si passi ai voti”. 8)

E l'Assemblea approvò il nuovo emblema della Repubblica Italiana, ideato da P. Paschetto e scelto all'unanimità dalla Commissione Conti, il 31 gennaio 1948: “dopo una travagliata vicenda di due commissioni, due concorsi, con rispettivamente 637 e 197 disegni, peraltro in massima parte deludenti” 9) plaudendo, altresì, al Presidente Terracini per aver rivolto le seguenti parole all'onorevole Laconi: “ (...) quando Lei riceverà un foglio bollato, con sovraimpresso questo sigillo, Lei si preoccuperà del contenuto della carta bollata, non certo del disegno che vi è stampato (...)”. 10)

Necessitarono, però, altri tre mesi per perfezionare tutti gli atti formali, primo fra tutti la definizione del bozzetto ufficiale a colori, a cura dell'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea costituente, scelto “(...) tra quattro (...) predisposti da Paschetto, dettando peraltro alcune modifiche: colore del nastro rosso bandiera; lettere dell'iscrizione 'Repubblica Italiana' in caratteri bianchi”. 11)

Infatti, l'emblema della Repubblica Italiana, comunicato al Governo, fu da questo approvato con deliberazione dell'8 aprile 1948. Figura così descritto nell'art. 1 del Decreto Legislativo 5 maggio 1948, n. 535, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 1948: “una stella a cinque raggi di bianco, bordata di rosso, accollata agli assi di una ruota di acciaio dentata, tra due rami di olivo e di quercia, legati da un nastro di rosso, con la scritta di bianco in carattere capitale Repubblica Italiana”. 12)

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