Fin da quando ho avuto il lume della ragione ho
memoria di aver sempre visto, nel salotto buono della mia abitazione, un grande
quadro raffigurante un signore serio ed impettito che mi incuteva, ogni volta che
lo osservavo, un senso di profondo rispetto unito a timore.
Col tempo, appresi da mio padre che l’impettito e
fiero gentiluomo che tanta soggezione mi incuteva, altri non era se non il mio
bisnonno, il cui genitore proveniva dal trentino.
Passavano gli anni e nella mia città mi accorsi di
essere il solo ragazzo, oltre a mio padre, a portare per cognome Aldrighetti,
in un territorio dove i cognomi Boscolo e Tiozzo si sprecavano, con una
presenza tuttora valutata in oltre ottomila Boscolo e circa tremila Tiozzo, su
una popolazione complessiva comunale di circa cinquantaduemila persone.
Tale moltitudine di cognomi omonimi ha comportato
per l’ente comunale la necessità di inserire legalmente nelle carte di identità ed in tutte le altre certificazioni
pubbliche, anche i tradizionali soprannomi o “detti”, per distinguere le varie
persone che sovente si trovano ad avere, oltre allo stesso nome e cognome,
anche i dati di nascita eguali.
Nel 1976, con la venuta in Chioggia del nuovo
vescovo della città e diocesi, mons. Sennen Corrà, al momento della
presentazione, il presule, apprendendo il mio cognome, mi chiese se provenivo
da Verona, poiché, nella sua diocesi scaligera di origine, conosceva diversi
Aldrighetti, in particolare un carissimo monsignore. Risposi a tale inaspettata
domanda che l’unica cosa che sapevo è che ero di origine trentina.
Dopo qualche anno, per la solennità dei Santi Felice
e Fortunato Mm., patroni della città e diocesi di Chioggia, che ricorre l’11 di
giugno, venne in cattedrale, invitato per presiedere il solenne pontificale,
l’arcivescovo di Trento, mons. Gottardi.
Alla fine della cerimonia, nel presentarmi all’Ordinario tridentino, il mio vescovo asserì:
“Giorgio Aldrighetti sarebbe della tua diocesi, poiché proviene dal
trentino, ma me lo tengo caro a Chioggia”.
L’arcivescovo mi chiese subito da dove provenivo;
risposi, con l’oramai usuale frase e cioè, che la mia famiglia proveniva dal
trentino, ma che non conoscevo l’esatta località dei miei avi.
Ritenevo la presentazione conclusa ed invece
l’arcivescovo soggiunse: “controlli presso il suo comune e poi eventualmente
presso le parrocchie se è possibile risalire al suo antenato che dal trentino
emigrò in Chioggia; se la ricerca sarà positiva, me lo faccia sapere e vedrà
che qualcosa salterà fuori”.
All’indomani, ansioso di poter finalmente conoscere
le origini della mia famiglia, raccontai l’accaduto ad un mio caro amico, il
signor Dino Renier, che da anni
prestava, in forma del tutto gratuita, competente ed intelligente servizio
presso la sezione storica dell’archivio comunale, pregandolo di effettuare
tutte le ricerche possibili.
Dopo pochi giorni, l’amico Dino Renier si presentò nel mio
ufficio sorridente e con un grande foglio di carta; srotolandomelo, mentre
sgranavo gli occhi, mi mostrò una miriade di dati riguardanti i miei avi fino a
risalire al mio trisavolo di nome Carlo Agapito, nato nel 1786 a San Lorenzo in
Banale (Trento) e deceduto a Chioggia (Venezia) nel 1830.
Non nascondo che, per parecchio tempo, rimasi commosso e
attonito, nel conoscere i miei progenitori.
Nello stesso giorno indirizzai una missiva
all’arcivescovo di Trento con tutti i dati in mio possesso.
Dopo circa un mese mi pervenne una busta con la
dicitura Parrocchia di Santa Maria Assunta, Tavodo (Trento). Il contenuto era
un enorme foglio con tutti i dati dei
miei avi, sino al XV secolo. Non so descrivere compiutamente cosa provai.
Mi portai quindi, appena possibile, a Trento per ringraziare l’arcivescovo e
parimenti a Tavodo (Val d’Ambiez, Dolomiti di Brenta), per presentarmi e per
ringraziare il parroco don Vigilio Cori, per vedere, per la prima volta, i
“sacri luoghi” dei miei antenati e per scoprire, infine, il perché di tanti
nomi Agapito nei miei avi diretti e collaterali.
Nell’antichissima e stupenda pieve dell’Assunta di
Tavodo entrando, sulla destra, vidi subito, in una bella urna, le reliquie di
Sant’Agapito, martire romano dei primi secoli e compatrono di quella comunità;
compresi subito il perché del frequente ripetersi del nome Agapito fra i miei
avi.
Con intima gioia e stupore, unito a religioso
silenzio, percorsi poi le stradine di Tavodo, Stenico, Dorsino, pensando che
quelle strade, nei secoli, erano state percorse e ripercorse dai miei avi.
Osservando poi l’albero genealogico, notai subito
che il Carlo Agapito che emigrò a Chioggia nel 1805, era il settimo figlio di
Giovanni Carlo e che era nato dal secondo matrimonio, quando il genitore aveva
la veneranda età di 69 anni.
Il nono figlio di Carlo Agapito, invece, nato a
Chioggia il 28 agosto 1830, non ebbe mai la gioia di conoscere il padre, poiché
deceduto prematuramente il 25 marzo 1830; in compenso ne porterà il nome e ne
serberà grato, deferente pensiero per tutta la vita.
Il successivo 20 settembre 2003 ricevevo una telefonata dal signor Fabrizio Schmid di Trento che, complimentandosi per il mio albero genealogico che figura in Internet nel sito dell'Istituto Araldico Genealogico Italiano www.iagi.info, nella rubrica “Araldica e non solo…”mi comunicava di avere, per suo carissimo amico, un Aldrighetti, mio lontanissimo parente (inizi sec. XVII), che discendeva da Giovanbattista, figlio di Bartolomeo, mentre io discendo, invece, dall'altro figlio Giandominico.
A tale stupefacente informazione si è aggiunta, anche, la graditissima - per non dire inverosimile o da fantascienza - notizia che, attraverso ricerche da loro effettuate in un lungo lasso di tempo presso gli archivi notarili del Trentino, per i comuni antenati, erano risaliti, nientemeno, al 1180, con un Nicolò per capostipite, e quindi per altre nove generazioni antecedenti a Marino (a. 1460 ca.) che era il mio primo antenato conosciuto, come appare nel saggio pubblicato in Nobiltà, Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi, edita dall'Istituto Araldico Genealogico Italiano, n. 26, Milano, settembre-ottobre 1998.
Seduta stante, dopo aver cortesemente richiesto il mio indirizzo di posta elettronica, con non comune signorilità, mi trasmetteva l'elenco dei miei sconosciuti antenati, dal primo conosciuto Nicolò (1180 ca.) a Boninsegna de Aldrigetis (1430 ca.), per un totale di nove generazioni.
Dall'elenco inviatomi per posta elettronica compresi, anche, che il mio cognome nasce e si forma con Ser Aldrigheto dei Maza (1400 ca.), in quanto i successivi miei antenati prendono per cognome de Aldrigetis, per divenire, poi, nel tempo, Aldrighetti.
(Aldrighetto, proviene dal tedesco Alderich, (Alderico). Alderico è la continuazione di un nome germanico di tradizione ostrogotica composto da alda (anziano, saggio, esperto) e rikja (signore, re), quindi re, signore dotato di saggezza).
Grazie alla WWW (World Wide Web) ovvero alla grande “ragnatela mondiale”, come opportunamente scritto nell'editoriale La storia di famiglia su Internet, in Nobiltà, Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi, edita dall'Istituto Araldico Genealogico Italiano, nn. 60-61, Milano, maggio-agosto 2004, dal nostro direttore dott. Pier Felice degli UBERTI e all'Istituto Araldico Genealogico Italiano che nel sito www.iagi.info, ha inserito il mio “Araldica e non solo…” mi è stato possibile, senza muovere un dito, risalire ai miei antenati, sino al 1180.
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C.
R.
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