Araldica Civica
di Giorgio Aldrighetti





    Per le Province, Città e Comuni, invece, le corone vigenti figurano blasonate negli artt. 95, 96 e 97 del Regio Decreto 7 giugno 1943, n. 652.

Per la corona di Provincia l'art. 95 del R. D. 7 giugno 1943, n. 652 così prescrive: “è formata da un cerchio d'oro gemmato colle cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno d'alloro ed uno di quercia al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all'infuori”.

E' doveroso ricordare che la Consulta Araldica del Regno d'Italia, con deliberazione del 4 maggio 1870, aveva adottato per le Province “una corona turrita, formata da un cerchio d'oro, aperta da dodici pusterle (sette visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente dodici torri (sette visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d'oro e murato di nero”. Nel 1905, però, il Commissario del re presso la Consulta Araldica del regno, barone Antonio Manno, giustamente sostenne che se le città ed i comuni si possono supporre cinti da muraglie turrite o merlate, era illogico per non dire ridicolo, figurare il territorio di una intera provincia contornato tutto di mura.

Così mentre le città continuarono ad avere le corone turrite d'oro ed i comuni le corone merlate d'argento, il senatore Antonio Manno propose per le Province la corona che è tuttora vigente e riportata nell'art. 42 del Regolamento tecnico araldico della Consulta Araldica del regno d'Italia, approvato con il R. D. 13 aprile 1905, n. 234 e nell'art. 95 del vigente Regolamento, approvato con il R. D. 7 giugno 1943, n. 652. Per la corona di Città, invece, l'art. 96 del Regio Decreto 7 giugno 1943, n. 652, così prescrive: “è turrita, formata da un cerchio d'oro, aperto da otto pusterle (cinque visibili) riunite da due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili) riunite da cortine di muro, il tutto d'oro e murato di nero”.

Preme anche ricordare che l'art. 32 del R. D. 7 giugno 1943, n. 651, prescrive che il titolo di Città può essere concesso ai Comuni ai quali non sia già stato riconosciuto, insigni per ricordi e monumenti storici o per l'attuale importanza, purché abbiano provveduto lodevolmente a tutti i pubblici servizi ed in particolare modo alla pubblica assistenza.

Per la corona di Comune l'art. 97 del Regolamento per la Consulta Araldica, approvato con il R. D. 7 giugno 1943, n. 652, così prescrive: “è formata da un cerchio d'argento aperto da quattro pusterle (tre visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta aperta da sedici porte (nove visibili) ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d'argento e murato di nero”.

E' da notare, come già ricordato, che alcune città e comuni, in ricordo di vetusti ed insigni privilegi, timbrano le proprie armi con “corone nobiliari”. Valgano gli esempi della città di Torino che timbra il proprio stemma “d'azzurro al toro furioso d'oro, cornato d'argento”, con una corona comitale, avendo tale città il titolo di contessa di Grugliasco e Signora di Beinasco o della città di Venezia che timbra il proprio stemma “d'azzurro, al leone d'oro, alato e nimbato dello stesso, con la testa posta di fronte, accovacciato, tenente fra le zampe anteriori avanti al petto il libro d'argento, aperto, scritto delle parole a lettere maiuscole romane di nero PAX TIBI MARCE nella prima facciata in quattro righe ed EVANGELISTA MEUS nella seconda facciata, similmente in quattro righe”, con il corno dogale, nel ricordo della millenaria Serenissima Repubblica di San Marco, o, ancora, della città di Casale Monferrato che, rispettosa delle proprie tradizioni e del patrimonio araldico conseguiti nei tempi, carica, nel proprio scudo , in inquartato, le armi dei Paleologi e degli Aleramici, con sul tutto un ostia raggiante, timbrando, ovviamente, lo scudo con corona marchionale, nell'insigne, vetusto ricordo del marchesato del Monferrato.

Si usano, altresì, delle “corone speciali” per Fondazioni e Opere Pie. Generalmente l'Ufficio Araldico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri consiglia per tali enti “una corona d'oro, formata da un cerchio brunito, gemmato, cordonato ai margini, sostenente quattro alte punte di corona all'antica (tre visibili), alternate da quattro basse punte, ugualmente all'antica (due visibili, una e una)”.

Per l'elemento decorativo, che costituisce la terza parte di uno stemma di un ente territoriale o morale, ricordiamo che esso consiste “in due rami di quercia con ghiande e di alloro con bacche, il tutto al naturale, fra loro decussati sotto la punta dello scudo e annodati da un nastro dai colori nazionali, di verde, di bianco e di rosso”.

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